La storia del laser:
da Einstein a Gordon Gould

La tecnologia L. A. S. E. R. consente la creazione di una svariata serie di sistemi in grado di emettere un fascio di luce definita coerente nello spazio, permettendo la collimazione nel tempo, così che lo spettro di emissione è molto stretto (monocromaticità) per mezzo di un’amplificazione ottica basata su un processo di emissione stimolata da radiazioni elettromagnetiche, da cui il nome: Light Amplification (by) Stimulated Emission (of) Radiation. Il termine si è talmente diffuso da assumere, in lingua inglese, i connotati di un verbo (“to lase”) a tutti gli effetti, cosicché con “lasing” si indica l’attività stessa d’emissione di un raggio laser.

Nella fisica classica, la luce è considerata come una sovrapposizione di oscillazioni elettromagnetiche. Fino alla metà del Novecento, malgrado gli sforzi per manipolare la luce in modo da renderla versatile e funzionale su diversi campi applicativi, non si riusciva a contrastare il limite della sua policromaticità: espedienti ottici (come i filtri, per esempio) riuscivano quasi a dare una coerenza alle radiazioni, ma non senza attenuare notevolmente l’intensità del raggio.

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SpettroUV-1 La storia del Laser: da Einstein a Gordon Gould

In realtà, nemmeno i raggi laser sono perfettamente monocromatici, ma sono in grado di concentrare la quasi totalità della loro energia in una banda spettrale molto ristretta e ciò porta notevoli vantaggi in un ampio range di applicazioni.

Possiamo dire che è proprio con l’avvento del laser che la luce assunse un nuovo ruolo nel mondo industriale: l’enorme potenziale di questa tecnologia cominciò da subito a offrire importanti spunti di applicazione e ricerca.

Per misurare un laser industriale i parametri sono quello della frequenza (in Hertz), lunghezza d’onda (in micrometri), potenza media e potenza di picco e l’energia dell’impulso.Le lunghezze d’onda che maggiormente coinvolgono la tecnologia laser vanno dai 0.3 (UV) ai 10 µm (CO2), cioè coprono una gamma che va dagli ultravioletti, alla luce visibile, fino agli infrarossi.

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Breve excursus storico

La storia del laser inizia indubbiamente nel 1916 con Albert Einstein, il quale ipotizzò che, nella formazione di una linea atomica spettrale, intervengono essenzialmente tre processi: emissione spontanea, emissione stimolata e assorbimento. A ciascuno di essi egli associò un coefficiente (detto poi “di Einstein”), che rappresenta una stima della probabilità che quel processo abbia luogo.


Dai primi studi del genio dobbiamo attendere però fino al 1950 perché l’équipe di C. H. Townes realizzasse il primo dispositivo funzionante che sfruttava, nella pratica, le teorie di Einstein: la tecnologia in questione si chiamava M. A. S. E. R., che sta per Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation.

Gli studi successivi, derivati dal desiderio di estendere i principi del MASER al campo degli infrarossi e della luce visibile, li dobbiamo al poliedrico Theodor H. Maiman che, nel 1960, completò il primo laser a rubino a impulsi.


Da allora, il laser prese il sopravvento in molti campi e la ricerca si indirizzò sia verso la messa a punto di nuove fonti laser, sia verso il miglioramento delle caratteristiche di quelli esistenti.

 

La questione del brevetto

La paternità dell’invenzione del laser non è stata ancora attribuita con certezza e le opinioni a riguardo sono profondamente contrastanti tra loro tanto che il laser, per trent’anni, è stato oggetto di un contenzioso brevettuale.

Abbiamo già accennato che fu Theodore H. Maiman a riprendere gli studi di Einstein: il 16 maggio 1960, l’ingegnere californiano azionò il primo laser funzionante nei laboratori della Hughes Research a Malibù.
Era un laser allo stato solido che sfruttava il cristallo di rubino in grado di produrre un raggio laser rosso con una lunghezza d’onda di 694nm, una frequenza di 4 x 1014 Hz.


Sempre nel 1960 Ali Javan, William R. Bennett e Donald Herriott costruirono il primo laser realizzato con l’elio e il neon, definito MASER ottico a gas, in grado di produrre un raggio infrarosso.
Tre anni dopo, nel New Jersey K. Patel mette a punto il laser ad anidride carbonica ai Bell Laboratories.

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gordongould La storia del Laser: da Einstein a Gordon Gould

Tra tutti, il protagonista forse più noto è il fisico Gordon Gould che, a seguito di una conversazione con Townes, si era annotato vari appunti sull’utilizzo ottico dei MASER e sull’utilizzo di un risonatore aperto, dettaglio divenuto poi comune in molti laser.

Ritenendosi inventore del laser, Gordon Gould aveva depositato presso un notaio i suoi appunti, ma nel contenzioso legale che ne nacque, non gli venne riconosciuta dall’ufficio brevetti la paternità dall’invenzione.


Nel 1977 riuscì ad ottenere un piccolo successo con l’attribuzione del Brevetto per il pompaggio ottico e negli anni successivi ha collaborato all’elaborazione di numerosi documenti che descrivono la grande varietà di applicazioni possibili del laser, incluso riscaldamento e vaporizzazione dei materiali, saldatura, foratura, taglio e varie applicazioni fotochimiche.

In conclusione possiamo dire che, anche se non gli è mai stata attribuita l’invenzione del laser, Gordon Gould ha incassato royalties milionarie, sia per i suoi brevetti successivi sia per gli studi di altri ricercatori che hanno poi trovato per il laser tutte le applicazioni che noi oggi conosciamo.

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Componenti di un laser

1) Mezzo ottico attivo, cioè un materiale (gas, cristallo, liquido) che emette la luce;

 

2) Un sistema di pompaggio, che fornisce energia al mezzo attivo;

 

3) Due specchi, di cui uno semiriflettente;

 

4) Una cavità ottica, o risonatore ottico, ossia una trappola per la luce;

 

5) Un fascio laser in uscita.

Nel laser si sfrutta il mezzo attivo, il quale possiede la capacità di emettere radiazioni elettromagnetiche (fotoni) quando attivato. Dal mezzo attivo dipende la lunghezza d’onda dell’emissione.
 
Il mezzo attivo può essere gassoso (ad esempio anidride carbonica, miscela di elio e neon) liquido (solventi, come metanolo, etanolo o glicole etilenico, a cui sono aggiunti coloranti chimici come cumarina, rodamina e fluoresceina) o solido (rubino, neodimio o semiconduttori).
Il sistema di pompaggio fornisce energia al mezzo attivo portandolo all’eccitazione con emissione di fotoni. L’eccitazione può avvenire tramite:

Le radiazioni emesse vengono normalmente concentrate attraverso una cavità ottica con pareti interne riflettenti, ed una zona di uscita semiriflettente. Questa ultima superficie è l’unica che permette la fuoriuscita del raggio, il quale viene successivamente lavorato e riposizionato attraverso una serie di lenti e specchi per far sì che il raggio risultante abbia la posizione, concentrazione nonché ampiezza desiderate.

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